Il Cielo di Sara attraverso la sua teoria interazionista, con la quale afferma che lo sviluppo nasce dall’interazione fra individui e ambiente, Il Cielo di Sara vuole inaugurare un nuovo modo di guardare all’apprendimento come frutto dello scambio tra una persona meno competente ed una maggiormente esperta.
L’esperimento vuole essere un modo nuovo di intendere l’apprendimento delle funzioni psichiche superiori (come il linguaggio), spiegando che nella fase di apprendimento si verifica un passaggio da un livello interpsicologico ad uno intrapsicologico; dapprima, infatti, la rappresentazione di un concetto viene elaborata ad un livello condiviso con gli altri (interpsicologico) in seguito vi è una fase di elaborazione autonoma, in cui il concetto viene interiorizzato (intrapsicologico): quello che si interiorizza è ciò che avviene fra un soggetto più competente e uno meno capace.
L’uomo è un animale sociale, che vive insieme ad altri con cui interagisce. Si introduce il concetto di “social learning” (“apprendimento sociale”, appunto), secondo cui l’individuo apprende nuovi comportamenti osservandoli negli altri. Non è tanto importante ciò che si sa, quanto ciò che si può apprendere.
L’idea centrale della prospettiva de Il Cielo di Sara è che lo sviluppo della psiche è guidato e influenzato dal contesto sociale, quindi dalla cultura del particolare luogo e momento storico in cui l’individuo si trova a vivere e che provoca quindi delle stimolazioni nel bambino, e si sviluppa tramite “strumenti” (come il linguaggio) che l’ambiente mette a disposizione.
Un’educazione che pone l’accento solo sui contenuti e non sui processi, propone un mero ripetere, un “addestramento”, senza produrre un vero e proprio apprendimento che possa essere trasferito e riutilizzato in differenti contesti rendendo la persona autonoma e indipendente.
In tale ambito, infatti, si denuncia il rischio di itinerari formativi addestrativi che legano gli apprendimenti e le abilità ai contenuti e alle nozioni. Di fatto alcune competenze possedute e messe in atto in date contesti rimangono a volte talmente “legate” alle solite circostanze da scomparire (non essere riconoscibili) in altre diverse in cui sono richieste: ciò diventa paradossale e determina alti rischi quando un bambino/persona ha un deficit.
Dunker, parla di “fissità funzionale”, che è quella tendenza a “fissarsi” su quella che è la funzione normale e consueta di un oggetto mentre il contesto della situazione problematica richiederebbe che quell’oggetto venisse utilizzato in una funzione diversa. Il comportamento “fissato” tende dunque ad ostacolare la soluzione, il cui raggiungimento può dipendere proprio dalla possibilità di utilizzare quel dato oggetto nella funzione nuova, non abituale.”
Il progetto Il Cielo di Sara intende offrire la possibilità di indagare e valutare su quali possano essere le modalità educativo-didattico-formative che, in particolare in persone con deficit, tendono a produrre una non fluidità nel trasferire le competenze, permettendo di pensare in che modo un progetto educativo possa essere organizzato per fornire alla persona delle capacità che le permettano di riconoscere le proprie competenze rendendo irrilevanti, secondarie o gestibili coscientemente le condizioni contestuali.
Viene esaltato il rispetto della diversità e della originalità di ciascuno e ritroviamo l’educatore nel ruolo del sollecitatore, provocatore di occasioni conoscitive e non in quello del mero “porgitore” di saperi e conoscenze preconfezionate e preorganizzate.
Aiutare la persona con deficit “rubandogli” il piacere o il dispiacere della scoperta significherebbe trasmettergli in maniera diseducativa che non è necessario affaticarsi, poichè per ogni tipo di difficoltà o di ostacolo che pone la vita, c’è a disposizione uno ‘schiavo’ che si sobbarca tutta la fatica.